Recensione

Lorenzo Alunni, La cura e lo sgombero. Salute e cittadinanza nei campi rom di Roma, Lecce, Argo, 2017, pp. 243,

Stefania Pontrandolfo

Università degli Studi di Verona

Lorenzo Alunni ha condotto un'etnografia seguendo le attività di un'unità medica mobile detta "Camper sanitario", dipendente da una delle ASL di Roma, nei cosiddetti "campi rom" della zona sud-sud est della città, per circa due anni, tra il 2009 e il 2011. La ricerca è stata condotta dunque in piena fase di implementazione del famigerato "Piano Nomadi", ad opera dell'amministrazione dell'allora sindaco Alemanno e a seguito della cosiddetta "Emergenza Nomadi", proclamata in Lazio dal governo nazionale nel 2008 per essere dichiarata illegittima dopo pochi anni con una sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 2013[1]. Il "Piano Nomadi" dell'amministrazione Alemanno si è inserito in una lunga tradizione di combinazione di politiche securitarie e umanitarie che hanno prodotto simili effetti di esclusione e marginalizzazione nei confronti delle minoranze rom e sinte da parte delle amministrazioni della Capitale (connubio che si è realizzato in modo del tutto trasversale rispetto ai posizionamenti a sinistra o a destra delle parti politiche che si sono alternate al governo della città a partire dagli anni '80 del '900)[2]. Lo stesso Piano si è distinto tuttavia per la particolare violenza dei provvedimenti previsti e per un approccio decisamente repressivo. A prova di ciò si possono menzionare i 450 sgomberi di campi informali eseguiti in 4 anni, con picchi di 20 sgomberi a settimana nel 2011, così come lo sgombero degli insediamenti precedentemente "autorizzati" o "tollerati" che ha portato «alla concentrazione di persone accomunate da una fantomatica identità nomade e pericolosità sociale all'interno di pochi "villaggi" o "mega-campi" situati oltre il raccordo anulare o in zone comunque isolate dal tessuto urbano» (Solimene 2018: 185).

In questa fase di forte inasprimento delle politiche nei confronti dei rom Lorenzo Alunni ha indagato l'interconnessione tra la sfera politica e quella sanitaria, tra i processi di cittadinanza e quelli di cura, considerando e analizzando gli effetti visibili di queste interconnessioni su più livelli: sui corpi individuali, sulle relazioni tra gruppo minoritario e istituzioni, sui discorsi politici. Quello che ci restituisce nel suo libro di questa esperienza di ricerca è dunque, per definizione dello stesso autore, "un'antropologia politica del corpo" e "un'etnografia dello stato" condotta attraverso la partecipazione a incontri ordinari e quotidiani tra rom e operatori sanitari di bassa soglia.

La sua etnografia esplora le relazioni tra lo Stato italiano e le minoranze rom presenti sul suo territorio a partire dalla constatazione di un paradosso strutturale: lo Stato che offre cure è lo stesso che permette e produce condizioni di esistenza patogene che rendono necessarie quelle stesse cure, in un processo circolare in cui vediamo all'opera la riproduzione dell'esclusione e della discriminazione delle minoranze rom costrette a vivere nei cosiddetti "campi".

Il rapporto tra lo Stato e i suoi margini viene esplorato da Alunni attraverso una etnografia delle pratiche di assistenza umanitaria indirizzate ai rom dei campi della città di Roma, pratiche che di fatto incarnano istanze statali di controllo e di esclusione di persone considerate indesiderabili. Lo Stato offre infatti ai rom che vivono nei campi romani un'assistenza sanitaria emergenziale e assistenziale che rende permanente lo stato di quotidiana eccezionalità tanto dei servizi che delle persone a cui si rivolgono. Tale eccezionalità viene costruita attraverso una precarizzazione del lavoro degli operatori sanitari, una dispersione legislativa che crea vuoti e perenni emergenze, una temporalità spezzata degli interventi di cura[3]. Tutto ciò produce a sua volta la frammentazione dei percorsi terapeutici dei rom, la tendenza a scoraggiare l'ingresso dei rom nelle strutture ordinarie del sistema sanitario pubblico, la relativa impossibilità di accesso a terapie specifiche e di lunga durata, di fatto, asimmetria nelle relazioni terapeutiche ed esclusione dai diritti sostanziali di salute e cittadinanza per i rom.

L'impianto teorico-interpretativo scelto da Alunni è esplicitamente e prevalentemente di derivazione foucaultiana: l'autore cerca di comprendere lo Stato attraverso le sue manifestazioni capillari, che incorporano particolari discorsi politici. Le pratiche della cura sono pensate come situate al cuore delle politiche contemporanee, essendo la sanità pubblica uno degli strumenti con cui lo Stato governa le vite delle persone, attraverso l'alternanza della compassione e del controllo, della cura e dello sgombero, della ragione securitaria e di quella umanitaria, attraverso la restrizione, l'esclusione o la concessione dell'accesso ai diritti di cittadinanza di ambito sanitario a particolari gruppi sociali. La cornice teorico-interpretativa foucaultiana che definisce la sanità pubblica in termini di biopolitica e le pratiche di cura informali come quelle del Camper sanitario come forme di esercizio della governamentalità dello Stato nei confronti dei rom attraverso pratiche umanitarie è in effetti un frame particolarmente adatto a descrivere e inquadrare un contesto politico particolarmente violento come quello della capitale.

Tuttavia, il metodo di ricerca adottato da Alunni è etnografico, empirico, induttivo, il suo progetto intellettuale e politico è esplicitamente quello di una di "etnografia pubblica" (Fassin 2013, 2015), ed è questo il motivo per cui si ritiene interessante una recensione del suo volume in una rivista come Antropologia Pubblica. Il punto di forza di questo volume sta infatti proprio nel rapporto inestricabile tra l'esperienza etnografica, la riflessione teorica e la critica politica che ne deriva. Tale rapporto risulta chiaramente leggibile nel testo grazie a una scrittura che si struttura sempre e continuamente a partire dalle trame dell'esperienza etnografica.

Leggere il libro di Alunni significa sottoporsi pagina dopo pagina al potente effetto dell'etnografia: la descrizione, priva di particolare pathos, di momenti ordinari di vita quotidiana può rendere comprensibili in modo vivido e immediato ai lettori le relazioni di potere tra diversi agenti sociali e le implicazioni politiche delle loro interazioni, più di una qualsiasi descrizione generica del contesto sociale, storico e politico in cui quella scena si colloca. Il ritrovarsi immersi nell'ordinarietà e nella quotidianità delle esperienze di indifferenza, discriminazione o esclusione prodotte attivamente e in gran parte inconsapevolmente nelle interazioni tra operatori di una street-level bureaucracy di ambito sanitario e persone rom o sinte può fare avvertire con un immediato effetto di realtà la violenza strutturale in cui queste relazioni sono prodotte e che contribuiscono a loro volta a riprodurre.

Emblematica in questo senso è la narrazione etnografica del "mal di testa di Nina", che occupa interamente il primo capitolo del libro: si tratta di un'espressione sintetica di tutto quanto verrà ripreso in modo dettagliato e arricchito da altri esempi etnografici nei successivi capitoli, la storia di una sofferenza individuale in cui si condensa e si rivela la violenza della gestione politica del gruppo di appartenenza della donna da parte dello Stato.

Altrettanto efficaci sono anche altri esempi etnografici disseminati dappertutto nel testo: piccole interazioni, scambi conversazionali, episodi, frasi che colpiscono per la capacità di sintetizzare la violenza di situazioni in cui a volte solo la morte o la sua concreta prospettiva possono diventare strategie di negoziazione o di rivendicazione di diritti. Impossibile in queste brevi note riportare la complessità e la ricchezza di questi momenti etnografici, mi limiterò a citare un breve, ma denso, estratto:

[nell'imminenza dello sgombero annunciato del campo in cui viveva] Una paziente chiese ironicamente al Dottore, dopo essere stata auscultata: «Insomma, non muoio?» Il Dottore le rispose, scherzando: «Non prima di essere sgomberata», e lei: «Ah... nuovo campo, nuova tomba» (Alunni 2017: 32).

Ma l'etnografia non si limita a rendere immediatamente percepibili ai lettori le vite degli altri, poiché il ritrovarsi immersi nell'ordinario e nella quotidianità delle interazioni tra agenti sociali con diversi posizionamenti può contribuire a mettere a nudo i meccanismi che rendono opachi agli stessi agenti sociali l'effetto su di loro delle politiche che incorporano. Il potere statale è tanto più efficace quanto più riesce ad esercitare la propria azione sugli individui e sui gruppi sociali in modo irriflesso. Uno degli effetti più interessanti dell'etnografia di Alunni è quello di rivelare e descrivere alcune modalità di occultamento delle componenti socio-politiche della sofferenza e del lavoro sanitario, e di conseguenza, nel caso specifico dell'assistenza sanitaria emergenziale proposta ai rom, alcune cruciali modalità di funzionamento dell'antiziganismo di stato. Tra queste modalità risulta cruciale per esempio l'analisi delle economie morali della diffidenza e del sospetto, sentimenti e atteggiamenti morali pluridirezionali e polisemantici in grado di occultare le economie politiche che producono la sofferenza sociale dei rom. La diffidenza da parte degli operatori sanitari nei confronti dei rom si configura infatti come una continua produzione culturalizzata dell'altro, che attribuisce a presunte caratteristiche culturali dei rom (per esempio il loro supposto nomadismo) piuttosto che a precise dinamiche politiche la causa della precarietà delle loro condizioni di vita. La diffidenza da parte dei rom nei confronti degli operatori sanitari si configura invece piuttosto come uno strumento prezioso, per quanto non sempre efficace, di quotidiana negoziazione e rivendicazione di diritti. Da una parte i rom vengono soggettivati in modo culturalista, in modo da depoliticizzare le cause e gli effetti della loro precarie condizioni di esistenza e di salute; dall'altra gli stessi rom tentano in tutti i modi possibili di reagire attraverso lo strumento morale della diffidenza a una vita sociale fatta di segregazione ed esclusione.

Non essendo possibile riportare la complessità e la profondità del dettaglio dell'etnografia presentata nel volume di Alunni, spero tuttavia di aver contribuito con questa recensione nel sollevare una curiosità critica, richiamare nuovi lettori e provare a rendere ancora un po' più "pubblica" la sua etnografia.

Bibliografia

Agoni, M. 2018. «Politiche locali per rom e sinti a Milano», in Politiche locali per rom e sinti in Italia. Pontrandolfo, S. (a cura di). Roma. CISU: 55-118.

Clough Marinaro, I., Daniele, U. 2011. Roma and Humanitarism in Rome. Journal of Modern Italian Studies, 16 (5): 621-636.

Fassin, D. 2013. Why Ethnography Matters: On Anthropology and Its Publics. Cultural Anthropology. 28 (4): 621-646.

Fassin, D. 2015. The public afterlife of ethnography. American Ethnologist. 42 (4): 592-609.

Pizza, G., Ravenda, A.F. 2016. Esperienze dell'attesa e retoriche del tempo. L'impegno dell'antropologia nel campo sanitario. Antropologia Pubblica. 2 (1): 29-45.

Solimene, M. 2018. «Zingari buoni e zingari cattivi. Breve storia delle politiche per “zingari/nomadi/rom” delle amministrazioni capitoline», in Politiche locali per rom e sinti in Italia. Pontrandolfo, S. (a cura di). Roma. CISU: 167-192.



[1] Per una ricostruzione delle vicende che hanno condotto alla dichiarazione dell'Emergenza Nomadi e all'emanazione e implementazione delle sue ordinanze in diverse città italiane si veda per esempio Agoni 2018.

[2] Sulle politiche locali nei confronti dei rom a Roma mi limito a rimandare a Clough Marinaro, Daniele 2011 e Solimene 2018.

[3] Su politiche, retoriche e pratiche del tempo in campo sanitario si veda anche Pizza, Ravenda 2016.