Suicidio e autolesionismo in adolescenza:

una proposta applicativa di multilevel governance transculturale

Claudio Stornello

Ricercatore indipendente

Tiziana Pojani

Ricercatrie indipendente

Indice

Introduzione
Il suicidio e l’autolesionismo. La posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Antropologia pubblica: dalla teoria a una proposta di multilevel governance
Bibliografia

Abstract.  Talking about suicide and self-harming among the teenagers is not easy but it is necessary to do it, taking in account that pandemic from SARS-CoV-2 has exacerbated the two problems. The World Health Organisation (WHO) has published several documents on this topic, containing data and best practices to prevent and to treat cases, nevertheless not all countries have included laws or other initiatives to prevent those acts. The WHO recommend forming multi-sectoral teams to analyze data and facts and to find new solutions. Cultural differences and different expertise are important for these teams to think outside the box and to start the process of innovation with effective and smart proposals. Starting from these assumptions and considering the current regional rules of Friuli Venezia Giulia autonomous region (taken as case study) and pre-existing agreements, an innovative memorandum of understanding is proposed and described for that territory. In this process, the role of public anthropology can be relevant, helping to provide a broader point of view to the institutions and stakeholders involved. The document provides a new public body for suicide and self-harming prevention and a new way to manage cases together with families and schools, considering migrant minors not accompanied and their difficulties as well. In addition, it provides to make a network of public and private institutions to make them to work together and to share data, process, and forms.

Keywords. Suicide; self-harming; WHO; institutions; multi-level governance.

Introduzione

Questo rapporto di ricerca è stato elaborato sulla base di una tesi di laurea magistrale in antropologia dei processi migratori, discussa nel 2021 presso l’Università degli Studi di Trieste, a conclusione del Corso di laurea magistrale in “Servizio sociale, politiche sociali, programmazione e gestione dei servizi”. La tesi, intitolata “Suicidio e autolesionismo: culture e approcci a confronto” è stata elaborata utilizzando, tra l’altro, i risultati di una ricerca realizzata nel corso di un progetto di tirocinio svoltosi presso il Centro di psicologia e psicoterapia funzionale integrata di Trieste. Il progetto, che aveva la medesima tematica, si è concentrato particolarmente su questioni operative nell’ottica di una ricerca-azione, focalizzando l’attenzione su adolescenti e giovani e si è chiuso con una proposta di protocollo innovativa, rivolta ad enti pubblici e privati del terzo settore, elaborata sulla scorta delle criticità rilevate nell’attuale sistema di relazioni, rapporti e protocolli già esistenti tra vari enti in Italia ed in particolare in Friuli Venezia Giulia.

Il suicidio e l’autolesionismo. La posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in base ai dati aggiornati al 2019, ogni anno più di 700.000 persone in tutto il mondo muoiono per suicidio[1] ma, a fronte di tale dato, va tenuto conto del fatto che ci sono molti più casi di tentato suicidio e che tali eventi vanno considerati come il principale fattore di rischio di suicidio per la popolazione in generale. Inoltre, l’OMS evidenzia che tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni il suicidio è la terza causa principale di morte tra le femmine e la quarta tra i maschi (WHO 2021a: 7), con un numero più alto di casi tra questi ultimi.

La riduzione dei suicidi è una delle priorità dell’OMS e rientra negli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite (obiettivo 3.4) e nel Piano delle azioni per la salute mentale dell’OMS 2013-2020, prorogato fino al 2030. L’obiettivo prevede che, entro il 2030 vengano ridotte di un terzo le morti premature derivanti da malattie non trasmissibili (n.d. tra cui rientrano anche i suicidi), mediante la prevenzione e la cura e promuovendo la salute mentale e il benessere.

A tale riguardo, l’OMS ha pubblicato numerosi documenti che forniscono dati, espongono il problema e le soluzioni adottate da molti Paesi.

Tra questi, rivestono particolare importanza per la presente ricerca:

  • Le “Linee guida sulla promozione della salute mentale e gli interventi preventivi per gli adolescenti: aiutare gli adolescenti a crescere bene”[2]. Il documento fornisce raccomandazioni sugli interventi psicosociali da attuare per la promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi mentali, l’autolesionismo e altri comportamenti a rischio tra gli adolescenti, tenendo presente alcuni importanti fattori quali: la condizione di povertà, lo stato di salute, lo status di migrante, l’esposizione alla violenza;

  • “Le strategie nazionali per la prevenzione del suicidio – Progressi, esempi e indicatori” del 2018[3];

  • la guida applicativa per la prevenzione del suicidio “Live Life” (WHO 2021b), in cui viene descritto l’approccio elaborato dall’OMS per affrontare la questione.

Per quanto riguarda l’ultimo documento, l’Organizzazione rileva l’assoluta necessità da parte degli Stati di lavorare sulla prevenzione, non soltanto attraverso gli organi preposti alla salute, ma con un team multisettoriale di esperti. L’approccio si fonda su sei pilastri fondamentali:

  • analisi della situazione;

  • collaborazione multisettoriale;

  • sensibilizzazione e supporto;

  • sviluppo delle capacità;

  • finanziamento;

  • sorveglianza, monitoraggio e valutazione;

e prevede che le azioni da intraprendere siano finalizzate a: limitare l'accesso agli strumenti per attuare il suicidio; interagire con i media per una comunicazione responsabile del suicidio; promuovere le abilità di vita socio-emotiva negli adolescenti; identificare, valutare, gestire e seguire tempestivamente chiunque abbia manifestato comportamenti suicidari.

Oggi, pertanto, appare di particolare importanza parlare di questo problema e del fenomeno dell’autolesionismo poiché i media e gli esperti dei vari settori che operano a vario titolo in questo campo vi stanno dedicando scarsa attenzione. Inoltre, a decorrere dalla fine dell’anno 2019, la situazione si è ulteriormente complicata con la pandemia provocata dal virus SARS-CoV-2, in particolare per i giovani. A tale riguardo, sempre l’OMS ha pubblicato il 9 giugno 2021 il policy brief intitolato “Giovani e COVID-19: Considerazioni comportamentali per promuovere comportamenti sicuri” (WHO 2021c) in cui viene evidenziato che la chiusura delle scuole, delle università e delle attività commerciali, il distanziamento fisico e le altre misure cautelative adottate per limitare la diffusione del virus hanno avuto un peso nella fase esplorativa e di sviluppo dei giovani. La necessità, da parte degli stessi, di avere una vita sociale, si è scontrata con tali limitazioni e la paura della solitudine e l’isolamento possono pertanto portare i giovani ad assumere comportamenti rischiosi per la propria salute. Inoltre, tra coloro che già lavoravano, molti hanno perso il lavoro mentre altri hanno visto diminuire il proprio salario; gli effetti negativi della pandemia si sono fatti sentire anche nel mondo scolastico, dove ci sono stati problemi con la didattica a distanza anche a causa della mancanza di apparecchiature da parte delle scuole o degli studenti. I giovani hanno risentito maggiormente di tale situazione, sviluppando alti livelli di stress, ansia e depressione.

Il documento sopra citato, pertanto, raccoglie i principali studi e pubblicazioni in tema di comportamenti a rischio assunti dagli adolescenti e dai giovani, comprendendo le ricerche svolte da esperti di settori diversi, inclusi antropologi quali ad esempio Le Breton (2016). Il policy brief altresì evidenzia che, poiché le varie ricerche raccolte sono state condotte, a seconda dei casi, su fasce di età diverse, lo stesso si riferisce a giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni.

Antropologia pubblica: dalla teoria a una proposta di multilevel governance

In Italia i tentati suicidi e gli atti di autolesionismo, dopo le prime cure mediche, vengono valutati per la presa in carico da parte dello psichiatra e/o dallo psicoterapeuta e il successivo trattamento della malattia mentale oppure per l’invio al domicilio.

Come si è visto dagli studi pubblicati dall’OMS, invece, al fine di evitare l’accadere o la ripetizione dell’atto lesivo, è necessario non soltanto intervenire con azioni preventive ma anche con gruppi di lavoro multisettoriali che operino pensando al di fuori degli schemi, al fine di proporre soluzioni efficaci ed innovative (thinking outside the box).

In Europa, già nel 2008 l’Unione Europea aveva stabilito un accordo con l’OMS[4] per realizzare programmi di prevenzione del suicidio, al fine di ridurre il tasso di mortalità e con gli obiettivi di: formare professionisti sul tema; sensibilizzare la comunità; sorvegliare i luoghi più frequentati per compiere il gesto (hot spot).

Nonostante gli 11 programmi sviluppati in vari stati in Europa, a seguito del citato accordo, in Italia non esiste un piano nazionale per la prevenzione del suicidio dedicato ai giovani e/o agli adolescenti e, gli interventi sul tema, che tra l’altro rimangono temporalmente frammentati, si differenziano a seconda delle regioni.

In Friuli Venezia Giulia sono stati compiuti studi nell’ultimo ventennio, per osservare il fenomeno dei suicidi e degli atti di autolesionismo e definire quindi una linea di intervento integrata, tuttavia, essendo venuta meno nel corso del tempo la continuità sia della rilevazione dei dati, sia della collaborazione tra gli enti, i vari tentativi, confluiti anche nei protocolli d’intesa sottoindicati, sono naufragati e gli impegni sono stati disattesi.

Il tirocinio menzionato nell’introduzione prevedeva inizialmente una ricerca qualitativa con il coinvolgimento dei servizi sociali comunali e di istituti scolastici superiori di secondo grado del territorio del Friuli Venezia Giulia e un approfondimento sulla città di Trieste. Tuttavia, a causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia da COVID-19, i contatti sono avvenuti prevalentemente a distanza mediante mail e videoconferenze e non è stato possibile effettuare l’indagine con le scuole.

L’obiettivo principale della ricerca era: l’individuazione di uno o più strumenti operativi per trattare i casi di tentato suicidio e autolesionismo e per la relativa prevenzione, anche con riferimento ai minori stranieri non accompagnati. Pertanto, nei primi sei mesi del 2020 sono stati interpellati: i servizi sociali dei Comuni di Trieste, Udine, Gorizia, Monfalcone, Muggia, Tarcento, Cividale, Codroipo, Latisana, e degli Ambiti territoriali di Tarcento, Natisone, Agro Aquileiese, Medio Friuli, Valli e Dolomite friulane; i Distretti sanitari della regione; la Direzione Sanitaria e la Direzione scientifica dell’Ospedale Infantile Burlo Garofolo; i centri stranieri del Comune di Udine e di Trieste e tre strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati del Comune di Trieste.

A seguito di tale richiesta e delle ricerche in Internet sono stati individuati nella regione soltanto i seguenti quattro protocolli nei quali rientrano i minori, tuttavia, in tali documenti non vengono previste azioni specifiche per i casi di tentato suicidio ed autolesionismo:

  • Protocollo condiviso per la gestione delle acuzie comportamentali degli adolescenti dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 4 “Medio Friuli”;

  • Procedure comuni per i rapporti tra servizio sociale dei Comuni (S.S.C.) e le strutture complesse “Tutela Salute Bambino e Adolescente Donna e Famiglia (S.C.T.S.B.A.D.F.)” della Provincia di Trieste per l’attività sociosanitaria integrata per bambine/i e ragazze/i tra l’Ambito 1.1, Ambito 1.2, Ambito 1.3 e l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, siglato il 22 dicembre 2016;

  • Protocollo di intesa tra l’Istituto Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Materno-Infantile Burlo-Garofolo, l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, i Servizi Sociali dei Comuni degli ambiti socioassistenziali 1.1, 1.2, e 1.3 dell’Unione Territoriale Intercomunale Giuliana per la continuità delle cure per bambini/e, e ragazzi/e con bisogni complessi, di data 8 settembre 2017;

  • Accordo di collaborazione tra IRCCS Burlo Garofolo e Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste (ASUITS): Protocollo per la presa in carico integrata di ragazzi con età 12-17 anni con problematiche sociosanitarie complesse, di data 18 settembre 2017.

In questi documenti si nota l’assenza di una previsione di attività di prevenzione del suicidio e di atti autolesivi, di coordinamento, di collaborazione tra strutture sanitarie e servizi sociali, di follow up e di differenziazione di trattamento a seconda delle categorie di utenti (minori stranieri non accompagnati, disabili, soggetti affetti da malattia mentale, minori che hanno subito violenza, minori che hanno difficoltà ad esprimersi in lingua italiana, minori che soffrono di qualche tipo di disagio connesso alle questioni di genere).

Per la definizione della dimensione del fenomeno sono stati utilizzati dati raccolti in occasione di precedenti ricerche, le quali, tuttavia, si sono svolte a distanza di dieci anni una dall’altra. L’IRCCS Burlo Garofolo aveva esposto nel 2007 una ricerca qualitativa sui dati di autolesionismo e tentativi di suicidio condotta dalla Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile e Neurologia Pediatrica[5], proponendo un nuovo approccio metodologico. In base al monitoraggio, risultavano entrati nei pronto soccorso della regione Friuli Venezia Giulia 120 minori di età compresa tra gli 11 e i 18 anni nel biennio 2005-2006. Successivamente, la Struttura Complessa di Pediatria d’urgenza e pronto soccorso pediatrico del medesimo ospedale, aveva raccolto i dati riguardanti il numero di ingressi nel pronto soccorso di Trieste, nel periodo dal 25/11/2015 al 15/05/2020, relativi ad adolescenti che si erano prodotti lesioni. Da questo data base, emerge che, complessivamente, nel periodo preso in esame sono stati registrati 215 casi, di questi, 166 sono stati dimessi con invio al domicilio, 4 si sono allontanati senza dimissioni, mentre i restanti sono stati inviati al medico specialista o ad altri reparti.

Come si può notare, i dati raccolti risultano disomogenei e non comparabili, non sussiste la continuità nel monitoraggio né sono stati rintracciati documenti inerenti all’attuazione del nuovo approccio proposto.

Il Centro di psicologia e psicoterapia funzionale integrata di Trieste ha collaborato al progetto per il tirocinio che ha portato all’elaborazione del protocollo, fornendo supporto formativo per quanto attiene al disturbo da sintomi somatici, l’intervento sui processi psicocorporei, nonché per approfondimenti bibliografici. La ricerca è stata svolta anche su diversi testi e mediante alcune interviste a due psichiatri di Trieste con una lunga esperienza professionale, maturata anche all’estero.

Nella definizione del protocollo, inoltre, sono stati considerati i seguenti due documenti, emanati dalla Regione Friuli Venezia Giulia, grazie ai quali sono state introdotte alcune importanti novità:

il “Piano regionale salute mentale, infanzia, adolescenza ed età adulta. Anni 2018-2020”, approvato con delibera di Giunta n. 732 del 21 marzo 2018, che sottolinea che:

"La messa in atto di strategie preventive di tipo primario e secondario vanno implementate a livello regionale mediante il coordinamento e la collaborazione tra le diverse componenti sanitarie e sociali, gli Enti del terzo settore, la scuola, il lavoro e il contesto di vita della persona. […] Programmi volti a migliorare la resilienza e le strategie di coping dei ragazzi (le cosiddette life skills) sono interventi che agiscono sulle circostanze in grado di determinare la comparsa di problemi psicologici e comportamentali che possono esitare in un'ideazione suicidaria. La scuola è uno dei luoghi in cui questi programmi dovrebbero essere implementati. […] Il ruolo del PLS/MMG[6] può essere molto importante nell’individuare i soggetti a rischio […]. I programmi di prevenzione devono quindi prevedere una specifica formazione dedicata all’argomento per i PLS/MMG. La presenza di atti autolesivi associati o meno a ideazione suicidaria richiede un’immediata risposta sanitaria per organizzare una valutazione ed una presa in carico specialistica multidisciplinare (Regione FVG 2018: 84)."

Le “Linee guida per la qualificazione dei percorsi di presa in carico dei minori che necessitano di accoglienza nelle strutture residenziali e semiresidenziali”, approvate con delibera di Giunta n. 273 del 28 febbraio 2020, che prevedono l’istituzione di una Unità di valutazione multi professionale integrata per l’area minori e famiglia (UVM/UVMF), da costituirsi nelle modalità previste da specifici protocolli territoriali, ai fini della valutazione globale del bisogno e della presa in carico sociosanitaria integrata.

Partendo da tali premesse, il progetto mirava a raggiungere i seguenti obiettivi: 1) offrire un nuovo approccio per le situazioni di autolesionismo e/o di comportamenti suicidari da parte degli adolescenti integrando l’assistenza medica con quella dei servizi sociali, al fine di consentire all’adolescente una piena riabilitazione/integrazione non soltanto sul piano fisico e psicologico ma anche su quello sociale; 2) offrire uno strumento di supporto agli adolescenti, alle loro famiglie e alle istituzioni mediante la creazione di una proposta di protocollo, da inserirsi possibilmente nei Piani di Zona degli ambiti del territorio triestino, da realizzarsi in collaborazione tra l’azienda sanitaria, l’ospedale infantile Burlo Garofolo e i Servizi sociali dei Comuni, per la presa in carico del minore autolesionista e/o che presenta comportamenti suicidari e la sua reintegrazione nel tessuto sociale (famiglia, scuola, ecc.); 3) analogamente al punto precedente, creare un protocollo dedicato per i minori migranti non accompagnati, che presentano i medesimi comportamenti.

L’idea, pertanto, era quella di formare una rete il cui hub fosse costituito da istituzioni pubbliche ed enti del terzo settore, mentre la parte periferica, suscettibile di espansione o contrazione fosse formata dalle famiglie e dai soggetti in carico. Per attuare tale progetto, è stato proposto un protocollo per la prevenzione del suicidio e l’autolesionismo, la presa in carico e il follow up, che comprende le seguenti innovazioni:

  • la creazione di un nuovo organismo: il “Nucleo di valutazione regionale per la prevenzione dell’autolesionismo e del suicidio da parte di minori” (NUVRAS);

  • l’utilizzo di modulistica dedicata per la gestione delle varie fasi. Per la prevenzione: il questionario per l’identificazione dei casi a rischio di autolesionismo, suicidio e altre forme di disagio da parte di minori (di seguito questionario ASD). Per la presa in carico, il modulo “Segnalazione”, da predisporsi congiuntamente a cura dei sottoscrittori del protocollo;

  • la creazione di una app dedicata alla prevenzione e alla gestione dei casi, da utilizzare a cura dei vari soggetti coinvolti e di un sistema di condivisione di dati e format tra i sottoscrittori del protocollo;

  • l’elaborazione, in fase di follow up, di un progetto personalizzato per il giovane, da parte di rappresentanti dei Distretti sanitari, insieme con assistenti sociali e famiglie o centri di accoglienza (in caso di minori stranieri non accompagnati), al fine di fargli ristabilire l’equilibrio psico-fisico e farlo reintegrare in un contesto sociale sano;

  • particolare attenzione viene data ai possibili casi di tentato suicidio o autolesionismo da parte dei minori migranti non accompagnati, per i quali attualmente non esistono interventi specifici. Nel protocollo, invece, per tali situazioni è previsto il coinvolgimento dei centri di accoglienza presso i quali risiedono i giovani e, per tutte le fasi, inclusa la prevenzione, la possibilità, da parte degli enti pubblici di avvalersi di mediatori linguistico-culturali.

Per quanto riguarda i soggetti da coinvolgere e il loro ruolo, nel protocollo è previsto che vi sia un’ampia collaborazione tra psichiatri, psicologi, medici di medicina generale, pediatri ed educatori delle strutture delle Aziende sanitarie (centri di primo soccorso, centri di salute mentale, distretti sanitari), assistenti sociali dei Comuni nonché istituti scolastici, enti del terzo settore, e che ognuno di essi svolga i compiti definiti nel protocollo stesso, secondo le proprie competenze.

Il NUVRAS dovrebbe svolgere un ruolo importante nella prevenzione, occupandosi: della predisposizione del modulo ASD, dell’analisi, dell’elaborazione dei dati raccolti, della restituzione al territorio degli studi compiuti, della segnalazione alle strutture competenti dei casi a rischio individuati mediante la somministrazione ai giovani del questionario ASD; della promozione di progetti, iniziative e buone prassi relativi alle tematiche di cui si discorre.

Nel documento menzionato, alle Aziende sanitarie viene assegnato, tra l’altro, il compito di promuovere iniziative volte a: a) sensibilizzare il pubblico sulle tematiche di cui trattasi anche avvalendosi dei propri siti web; b) informare il pubblico sulle strutture disponibili e i loro recapiti (ivi inclusi numeri telefonici gratuiti come ad esempio Telefono Azzurro) a supporto dei soggetti a rischio e delle loro famiglie; c) ottenere finanziamenti a supporto delle attività programmate anche attraverso la promozione dell’inserimento degli interventi per le problematiche di cui trattasi negli extra LEA[7]; d) collaborare con gli istituti scolastici secondari di I e II grado nell’ambito della prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo.

Infine, per quanto riguarda la segnalazione di un caso di disagio giovanile che comporta autolesionismo o il rischio di suicidio, il protocollo prevede di offrire al pubblico e agli operatori diverse modalità a scelta del segnalante.

L’antropologia pubblica potrebbe svolgere un ruolo importante nel processo di innovazione istituzionale appena descritto, poiché gli esperti del settore potrebbero partecipare attivamente nei gruppi di lavoro multisettoriali, come ad esempio il NUVRAS, apportando la loro esperienza sia per quanto attiene alla definizione delle azioni da intraprendere, che per l’individuazione della migliore metodologia di ricerca e la costruzione dei questionari da distribuire nelle scuole nonché dei modelli condivisi.

Come evidenziano Csordas e Jenkins (Csordas e Jenkins 2018: 206) l’antropologia sinora ha avuto una propensione ad occuparsi di automutilazioni e modificazioni del proprio corpo in termini di rituali e pratiche culturali, tuttavia, risultano di interesse per l’antropologo e l’etnografia anche i fenomeni di autolesionismo che avvengono al di fuori dei rituali e che fino ad ora sono stati oggetto di attenzione da parte di altre discipline. In particolare, per tale figura appare interessante lo studio della fase adolescenziale, in quanto in tale periodo l’identità dell’individuo si consolida e si lega alla cultura della comunità di appartenenza. Conseguentemente, l’antropologo, attraverso tali studi, potrebbe contribuire in modo rilevante a dare supporto alle politiche di salute mentale e agli interventi attuativi.

Sulla scarsa produzione di studi antropologici relativi all’autolesionismo e ai disturbi della personalità borderline (BPD) concorda Sargent (Sargent 2003: 25) nel suo articolo Gender, body, meaning: anthropological perspectives on self-injury and borderline personality disorder, evidenziando che l’analisi culturale dell’autolesionismo tende ad essere inclusa nella letteratura antropologica allorché si parla di ornamenti, riti d’iniziazione e sindromi legate alla cultura. Potter però rileva che “il corpo è usato per comunicare qualcosa che è difficile o impossibile da articolare nei modi convenzionali” (Sargent 2003: 26) e allora il corpo è come il testo, le sue modificazioni contengono significati da decifrare, che costituiscono il terreno di studio dell’antropologo. Sullo stesso piano si allinea Nichter che parla di distress, comprendendo con tale termine l’insieme dei sentimenti che includono l’apprensione, l’insoddisfazione e gli stati d’ansia. Il corpo somatizza il distress e come tale va studiato. Potter pertanto afferma che, le cure mediche etiche dovrebbero soffermarsi anche sul significato simbolico delle auto-mutilazioni, ne consegue che l’antropologo dovrebbe rientrare nei team multisettoriali anche nella fase della valutazione del paziente.

Bibliografia

Csordas, T., Jenkins, J. 2018. Living with a thousand cuts: self-cutting, agency, and mental illness among adolescents. Ethos, 46 (2): 206-229.

Le Breton, D. 2016 [2003]. La pelle e la traccia. Le ferite del sé. Roma. Meltemi.

Regione Friuli Venezia Giulia. 2018. Piano regionale salute mentale. Infanzia, adolescenza ed età adulta. Anni 2018-2020.Trieste. Allegato alla delibera di Giunta n. 732 del 21 Marzo 2018.

Regione Friuli Venezia Giulia. 2020. Linee guida per la qualificazione dei percorsi di presa in carico dei minori che necessitano di accoglienza nelle strutture residenziali e semiresidenziali. Trieste. Allegato alla delibera di Giunta n. 273 del 28 febbraio 2020.

Sargent, F. C. 2003. Gender, body, meaning: anthropological perspectives on self-injury and borderline personality disorder. Philosophy Psychiatry & Psychology. 10 (1): 25-27.

WHO. 2021a. Suicide worldwide in 2019 – Global Health Estimates. Geneva. WHO.

WHO. 2021b. Live life: an implementation guide for suicide prevention in countries. Geneva. WHO.

WHO. 2021c. Young people and COVID-19: Behavioural considerations for promoting safe behaviours. Policy brief. Geneva. WHO.

Sitografia

https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/suicide

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/336864/9789240011854-eng.pdf

https://www.who.int/publications/i/item/national-suicide-prevention-strategies-progress-examples-and-indicators

https://www.stateofmind.it/2020/05/progetti-prevenzione-suicidio/



[1] Si veda https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/suicide (ultima consultazione in data 31/10/2021).

[2] Si veda https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/336864/9789240011854-eng.pdf (ultima consultazione in data 31/10/2021).

[3] Si veda https://www.who.int/publications/i/item/national-suicide-prevention-strategies-progress-examples-and-indicators (ultima consultazione in data 31/10/2021).

[4] https://www.stateofmind.it/2020/05/progetti-prevenzione-suicidio/ (ultima consultazione in data 31/10/2021).

[5] I dottori Aliverti R., Battistutta S., Zanus C., e Carozzi M., avevano messo in evidenza una fotografia del fenomeno del tentato suicidio e dell’autolesionismo degli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni.

[6] PLS sta ad indicare Pediatri di Libera Scelta; MMG sta ad indicare Medici di Medicina Generale.

[7] I Livelli Essenziali di Assistenza sono definiti dal DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502” e vengono integrati nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con delibera di Giunta regionale, entro la quale sono definite anche le prestazioni sanitarie e sociosanitarie regionali aggiuntive (extra LEA).