L’impegno del Comune di Bologna sui fenomeni di grave sfruttamento e tratta

Silvia Lolli

Ufficio di Piano - Area Welfare e Promozione del Benessere della Comunità. Referente del progetto “Oltre la Strada” - Comune di Bologna

Il Comune di Bologna è impegnato sui temi della prostituzione, dello sfruttamento e della tratta da oltre 25 anni.

Quando si parla di prostituzione e sfruttamento/tratta è necessario distinguere fra questi fenomeni, oltre a considerare la loro complessità e multidimensionalità (coinvolgono svariate aree di studio e campi di attività, fra cui l’immigrazione, la criminalità, la sicurezza, la sanità, il sociale, ecc. e differenti attori: chi si prostituisce, il cliente, chi sfrutta, i cittadini). Sono, infatti, collegati e allo stesso tempo distinti fra loro, non necessariamente interdipendenti. La prostituzione, intesa come l’offerta di prestazioni sessuali in cambio di denaro, non sempre racchiude realtà di sfruttamento e tratta; parallelamente, lo sfruttamento e la tratta[1] non riguardano solo i motivi sessuali (quelli cioè più propri della prostituzione), ma anche quelli lavorativi, legati all’accattonaggio o ad attività illecite/microcriminali. Ne consegue che gli interventi che si realizzano in merito a detti fenomeni siano distinti in due filoni: uno sulla prostituzione e l’altro su sfruttamento e tratta. L’Amministrazione comunale di Bologna opera su entrambi. In questa sede approfondiremo gli interventi relativi al grave sfruttamento ed alla tratta[2] messi in campo dal Comune di Bologna, che iniziò nel 1995 ad occuparsene quando alcune realtà del terzo settore e dell’associazionismo locale fecero presente all’ente le nuove richieste di aiuto giunte loro da persone costrette a prostituirsi. Un passaggio significativo, poiché sottolinea come le attività partirono immediatamente da una volontà congiunta del pubblico e del privato di agire insieme in risposta ai bisogni emergenti.

Oggi il progetto che si occupa dei fenomeni di grave sfruttamento e tratta a Bologna è denominato “Oltre la strada” ed è realizzato dal Comune, in qualità di ente attuatore, insieme a quattro realtà del territorio in convenzione con l’Amministrazione comunale, in qualità di enti gestori (enti iscritti alla seconda sezione del registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore di stranieri immigrati): Ass. Casa delle donne per non subire violenza Onlus, Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII, Ass. MondoDonna onlus e Cooperativa Sociale Società Dolce. La regia complessiva fa capo alla Regione Emilia-Romagna[3], come promotrice di tutta la rete regionale (composta dagli enti delle varie città capoluogo di regione) e titolare del progetto antitratta regionale previsto dal Bando Unico di emersione, assistenza e integrazione sociale del Dipartimento Pari Opportunità[4]. In tale contesto, si evince quindi una fortissima collaborazione fra pubblico, privato sociale e volontariato, che si è finora dimostrata estremamente efficace, garantendo a ciascun ente un ruolo definito e riconosciuto.

L’ambito di azione di “Oltre la strada” di Bologna, dunque, riguarda il grave sfruttamento e la tratta di persone, di uomini e donne, per fini sessuali, lavorativi, per accattonaggio o per attività illegali. Per meglio collocare gli interventi, è indispensabile partire evidenziando gli obiettivi che vengono perseguiti: conoscenza del fenomeno, emersione della condizione di grave sfruttamento o tratta, fuoriuscita da detta condizione e, infine, raggiungimento dell’autonomia della persona. Gli obiettivi del progetto si trasformano in macroazioni, le quali racchiudono variegati interventi che vengono messi in atto. Nello specifico, per mantenere una conoscenza approfondita del fenomeno, si raccolgono e studiano i dati quantitativi e le informazioni qualitative, si analizzano il fenomeno e le sue connessioni, si stilano rapporti e si offrono costantemente formazioni specifiche agli operatori. L’attività di emersione è volta a individuare le vittime e favorire la loro consapevolezza della condizione che vivono di grave sfruttamento o tratta. A tal fine, negli ultimi sei anni è stata indispensabile la collaborazione con il sistema di protezione internazionale: si è messa a disposizione un’équipe di esperti per le valutazioni di adulti e minori, a supporto della Commissione Territoriale Richiedenti Protezione Internazionale, del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, delle forze dell’ordine e dei servizi territoriali. Inoltre, si sono sperimentate altre forme di emersione mediante un’unità di strada, collaborando con i servizi sanitari, con i sindacati, con altre associazioni sul territorio. Il progetto si dedica anche allo studio, all’analisi e all’emersione di quelli che sono gli sfruttamenti e le tratte specifiche di minori[5], mediante un’équipe specifica e specializzata che supporta i servizi del territorio. Una volta maturata la consapevolezza della condizione di vittima, è indispensabile che la persona adulta manifesti la sua volontà di fuoriuscirne, perché possa aderire al progetto specifico ed individuale proposto dagli operatori ed essere presa in carico. A quel punto, gli enti gestori si fanno carico di offrirle i supporti personalizzati per un’eventuale ospitalità, il sostegno psicologico, gli accompagnamenti sanitari, sociali e giuridici, la regolarizzazione e, qualora la persona ne faccia richiesta, il rimpatrio volontario assistito. Successivamente, gli operatori favoriscono il percorso di autonomia della persona, facilitando l’inserimento in corsi di alfabetizzazione, formazione e tirocini formativi per un effettivo inserimento lavorativo e, parallelamente, un supporto nella ricerca dell’autonomia abitativa. Oggi i percorsi durano in media un paio di anni, per favorire un buon inserimento sociale, sebbene gli operatori restino comunque in contatto con alcune delle persone in carico, che si rivolgono loro per confrontarsi e chiedere consigli, anche successivamente alla conclusione del percorso.

Il progetto negli anni si è rinnovato adeguandosi alle modificazioni che i vari fenomeni trattati subivano. Basti pensare, ad esempio, a come lo sfruttamento sessuale negli anni ‘90 fosse caratterizzato prevalentemente da donne albanesi obbligate spesso dai loro fidanzati con la forza e la violenza a prostituirsi, mentre negli ultimi anni le richieste di aiuto provengono principalmente da donne nigeriane, giunte in Italia via mare, vittime dei debiti contratti per il viaggio e del controllo materiale delle madame. Ma altrettanto dicasi di come siano andati a modificarsi i percorsi di regolarizzazione, fino a qualche anno fa prevalentemente caratterizzati dall’ottenimento della protezione attraverso l’articolo 18[6] a seguito di denuncia, diversamente oggi[7] le persone in carico hanno in maggioranza optato per il percorso di protezione internazionale.

È necessario evidenziare che “Oltre la strada” non si esaurisce, però, attraverso gli interventi rivolti ai beneficiari diretti, ma agisce anche su altri fronti, indispensabili alla buona riuscita dello stesso. Sono stati, infatti, sviluppati gli ambiti e i filoni di operatività che potessero maggiormente favorire il perseguimento degli obiettivi, in particolare mediante la strutturazione ed il potenziamento della rete (sociale, sanitaria, giuridica, delle forze dell’ordine, della formazione, ecc.), la realizzazione di percorsi di formazione rivolti sia agli operatori già attivi sul territorio (del sistema antitratta, del sistema di protezione internazionale, dei servizi territoriali, ecc.) sia ai giovani (moduli specifici in percorsi formativi universitari), l’implementazione di attività di sensibilizzazione e informazione (comunicazione via web, organizzazione di webinar, seminari ed eventi, iniziative locali e nazionali)[8].

In questi anni le difficoltà si sono sempre presentate e, spesso, anche in forma inaspettata: la crisi economica e del mercato del lavoro ha reso molto complesso il percorso verso l’autonomia delle persone in carico; l’epidemia da COVID19 ha messo in crisi il sistema delle ospitalità (si pensi ad esempio alle difficoltà incontrate per far fronte alle quarantene ed agli isolamenti, considerando le poche strutture a disposizione) e rallentato fortemente i percorsi; i flussi migratori in continuo cambiamento hanno richiesto risposte diverse ai nuovi bisogni; l’aumento dei traumi e delle fragilità psicologiche delle vittime ha reso necessario mettere in campo figure specializzate per sostenerle durante tutto il ciclo del percorso; e così via.

Da questo scenario, si evince quindi la complessità costante del fenomeno e di conseguenza degli interventi necessari. Malgrado questo, però, le persone in carico che riescono a raggiungere l’autonomia sono ancora un numero consistente.

Come già anticipato in premessa, è doveroso evidenziare che i risultati raggiunti dal progetto in questi ventisei anni di attività sono frutto della sinergia che si è creata fra il pubblico e i soggetti gestori del terzo settore, caratterizzati da una rara ed importante stabilità degli operatori dedicati, oltreché da un’elevata esperienza ed una forte motivazione. Inoltre, un punto di forza del progetto bolognese su cui porre l’attenzione è rappresentato dalla diversità degli enti gestori. Si tratta di associazioni che hanno principi ispiratori e modalità di lavoro piuttosto differenti fra loro ma che, proprio per questo, riescono a dare forza al progetto. La pluralità degli orientamenti consente di offrire risposte diverse e personalizzate rispetto ai variegati bisogni delle vittime, hanno modo di arricchirsi reciprocamente nello scambio fra operatori creando un equilibrio di lavoro, anche complementare, sul territorio bolognese davvero peculiare.

Ovviamente, sono ancora tanti gli ambiti da sviluppare per agire su questi fenomeni, come per esempio potenziare il lavoro di informazione e formazione in particolare rivolto ai giovani, mantenere e rafforzare un forte raccordo con gli attori del territorio coinvolti in questi fenomeni, analizzare il follow up (la “tenuta” delle persone uscite positivamente dal percorso, valutando se l’autonomia raggiunta è temporanea o effettiva ed, eventualmente, rivedere le modalità di intervento), porre un’attenzione maggiore alle fragilità e alle vulnerabilità psicologiche delle persone coinvolte nel grave sfruttamento, comprendere meglio i confini di quelle che sono le nuove forme di grave sfruttamento, sperimentando modalità di emersione e sostegno nei percorsi. Aspetti questi di lavoro che, per i prossimi anni, potranno affiancare le attività e gli interventi già in essere.

Questo sintetico sguardo d’insieme al progetto “Oltre la strada” intende offrire la cornice per meglio comprendere e collocare l’intervento successivo dove, tenendo traccia di un webinar organizzato a marzo 2021, si potrà cogliere come il dialogo, tra conoscenze antropologiche e mediche e più in generale tra aree di studi e professionali diverse, caratterizzi fortemente l’approccio e le prassi organizzative del sistema tratta bolognese.



[1] Si parla di tratta di esseri umani quando una rete criminale, attraverso diverse possibili modalità, recluta la vittima, la trasferisce generalmente in altro paese, e la sottopone a uno stato di assoggettamento con l’obiettivo di ricavare profitto dal suo sfruttamento (“Cittadini stranieri in Emilia-Romagna” https://sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/prodotti-editoriali/2019/cittadini-stranieri-in-emilia-romagna 2019 (ultima consultazione il 25/10/2021).

[2] Il Comune di Bologna promuove e coordina dalla fine degli anni ‘90 anche progetti di prevenzione socio-sanitaria rivolti alle persone che si prostituiscono in strada e al chiuso.

[3] https://sociale.regione.emilia-romagna.it/prostituzione-e-tratta-di-esseri-umani/prostituzione-e-tratta-di-esseri-umani(ultima consultazione il 25/10/2021)

[4] Il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (come ribadito anche dal Decreto Legislativo n. 24 del 4 marzo 2014, di recepimento della direttiva UE n. 36 del 2011, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime) è da venti anni l’organismo al quale competono la promozione e il coordinamento degli interventi di assistenza e di integrazione sociale delle vittime.

[5] Le attività rivolte ai minori sono realizzate dalla Cooperativa Sociale Società Dolce, mentre quelle per adulti dagli altri tre enti gestori (Ass. Casa delle donne per non subire violenza Onlus, Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII, Ass. MondoDonna onlus).

[6] https://www.altalex.com/documents/news/2014/04/08/testo-unico-sull-immigrazione-titolo-ii#titolo2(ultima consultazione il 25/10/2021)

[7] In particolare dal 2015.

[8] Proprio a seguito di quest’ultima azione si è valutato opportuno dare visibilità e continuità ai webinar realizzati lasciando qualche traccia ulteriore ed offrendo un’opportunità di riflessione sui temi affrontati, mediante articoli di approfondimento (https://www.youtube.com/watch?v=CZgL8_YSVw4 Benessere dei migranti e sfruttamenti multipli, marzo 2021; https://www.youtube.com/watch?v=P_D7hK0Y5pM Reti di sfruttamento e criminalità organizzata, aprile 2021 - ultime consultazioni il 25/10/2021).